martedì 30 dicembre 2008

Vielen Dank!

Tirando le somme dell’anno, per molti versi da dimenticare, ho deciso di ringraziare alcune persone…

[l’ordine è alfabetico, non per importanza]

GRAZIE A…

- Alessandra: perché solo con lei potrei laurearmi nel trentennale dall’iscrizione;
- Andrea P: per le risate e le bevute;
- Andrea T: per i momenti passati insieme e le emozioni mai provate prima;
- Beatrice: perché rimarrà sempre la costante della mia vita, nonostante se ne sia andata da quasi un decennio;
- Cleofe: per la sua acidità;
- Daniele: per le chiamate a orari improponibili;
- Elisa: per avermi schiarito le idee;
- Federica: per le nostre reunion improvvisate;
- Francesca: perché la ammazzerei tutti i giorni, ma in lei so di trovare una vera amica;
- Giacomo: per la sua misantropia;
- Ilaria: perché non potrei avere una compagna di stanza migliore;
- Laura: per i patti di sorellanza;
- Mauro: per la pazienza;
- Roberto: per farmi sempre sentire desiderata;
- Silvia: per le lezioni di linguistica generale nell’aula del pocket coffee;
- Thomas: per i discorsi filosofici sul balcone fumatori;
- Valentina: per i ragionamenti che solo io riesco a interpretare;
- Veronica: per le lezioni di crucco, la via della perdizione e il primo anno accademico passato fin troppo in fretta.
Grazie per aver reso questo duemilaotto migliore.

lunedì 29 dicembre 2008

It's - oh! - so quiet...

Nevica. E la neve rende tutto più calmo, più tranquillo.
Tranquilla come sono io in questo periodo. Mi ci voleva una pausa dalla frenesia milanese: due settimane nella calma del lago, senza troppo da fare.
Così ricomincio a leggere, attività che ho lasciato da parte per troppo tempo e che mi manca da morire.
[E per fortuna studio letteratura, altrimenti non oso pensare in che buco nero dell'ignoranza sarei finita....!!]
Comunque, dicevo. Sono tornata sul lago.
Alla fine, il lago è un ritorno alle origini. Ritorno alla serenità della routine, a quello che ero, alla famiglia, alle tradizioni...
Risentire il profumo del calicanto e pensare che finalmente è Natale... Riguardare il fuoco nel camino mentre il cane mi ruba l'ennesimo peluche... Rivedere i raggi di sole brillare sulla superficie del lago... Scambiare gli auguri con amici e conoscenti dopo un'ora e mezza di messa di mezzanotte (il prete della mia parrocchia non conosce il dono della sintesi. No.) mentre si sorseggia un po' di vin brulé...
It's - oh! - so quiet...

sabato 20 dicembre 2008

Caro Babbo Natale...

...quest'anno vorrei ricevere solo una sorpresa: una forte emozione e un abbraccio sentito inaspettato.
Buon Natale a Tutti.

venerdì 5 dicembre 2008

Schreiben, schreiben, schreiben...


Non ho il tempo di scrivere e la voglia è ancora meno.
Perché sono - salvo rari casi - profondamente delusa dall'atteggiamento delle persone che ho intorno.
Amicizie che per mancanza di voglia - anche se la scusa è il tempo - non vengono coltivate, discussioni inutili che ricordano molto i bambini dell'asilo, incomprensioni dovute a mancanza di dialogo, scuse non richieste e arrivate troppo tardi...
Nonostante tutto, sono serena.
Serena perché credo d'aver finalmente colmato il vuoto che avevo dentro e che una persona m'aveva lasciato. Perché io ero sinceramente innamorata. Mais c'est la vie...
Serena perché - stranamente - la mia vita è organizzata e - ancor più stranamente - riesco a fare tutto quello che mi ero prefissata.
Serena perché manca poco a Natale. E siamo tutti più buoni.

domenica 9 novembre 2008

Noi che siamo laghee

Manuale per comprenderci

Pachera: ruspa
Peduli: scarpe da ginnastica
La la lì: laggiù
Tirarsi a una: giungere a una conclusione (tempo più limitato?)
Guardar via: (accettiamo suggerimenti)
Perdersi via: (temporeggiare? Accettiamo suggerimenti)
Venire a una: giungere a una conclusione (tempo più lungo?)
Stremire: spaventare
In dree via: cadere all'indietro
Curlasch: accetta
Culdirö: paiolo
Cazuu: mestolo
Pedriö: imbuto
Pulen: tacchino
Legur da tech: gatto
Tosèga: petulante, fastidioso
Fà parè: fingere, attuare una finzione
Và che vòlto là: attenzione, sto cadendo
Stramusciare: stropicciare
Spatafiata: (accettiamo suggerimenti)
Marmitta: zuppiera, ciotola
Corriera: bus
Desbiès: di traverso
Incrusciare: piegare (accettiamo suggerimenti)
Vès dree a fà: stare facendo
Parià: (accettiamo suggerimenti)
Ganassa: borioso

martedì 4 novembre 2008

It's raining, man...

Se bisogna passare novembre da qualche parte, mai farlo - e dico mai - a Milano. Si rischierebbe di diventare un muschio o un lichene.
Da circa due settimane a questa parte piove ininterrottamente, con conseguente sclero e depressione della sottoscritta. Ché la pioggia è bella, ma non in città. E soprattutto non a Milano.
Previsioni per i prossimi giorni? Acqua a catinelle. E se non è quello, allora ci sarà nebbia agli irti colli che piovviginando sale. Ma tiro a indovinare, eh.
Ribadirò fino alla nausea che, dei dodici mesi, novembre è il più inutile. Prima c'è ottobre, con i suoi colori caldi e le foglie che scricchiolano sotto i piedi. Dopo c'è dicembre, con la neve, Natale e tutti i suoi Jingle Bells, Stille Nacht e Tu Scendi Dalle Stelle. Ma che cosa ci si può fare? Nulla. Ci tocca tenere novembre e la sua umidità.
Acqua a parte va abbastanza bene. Se si esclude il fatto che oggi ho avuto un attacco di panico e non ho la minima idea di quale possa essere il motivo. Voglio dire, in genere mi vengono in auto, ma lì so a cosa è dovuto. Invece non riesco a trovare una giustificazione all'attacco di stamattina. Ok che stavo seguendo una lezione su Dante, ok che si parlava di Paolo e Francesca, ok che erano le nove di mattina, ma tutto ciò continua a non avere senso.
Tralasciando gli attacchi di panico, la vita meneghina continua nella completa idiozia: ragazzi che rubano i vestiti a noi povere fanciulle indifese per poi vestirsi come noi e prenderci in giro, contratti di sorellanza e dizionari italiano-laghee, per farci capire dai comuni mortali.
E lo studio va amabilmente a quel paese. Mi metto in testa di studiare cento pagine e a malapena ne finisco venti. Perché mi metto a parlare con questo o con quell'altra, mi fumo una sigaretta, aiuto la coinquilina a comprare dei vestiti, il coinquilino a scegliere il regalo per la madre e le ventiquattro ore finiscono prima che me ne renda conto. Ah, sì, certo, ogni tanto mi ricordo d'andare anche in università. Se avanza il tempo, eh.
Perdo tempo anche riempiendo il muro del mio angolino di stanza con foto e ritagli di giornale, ma devo dire che quest'anno sta venendo proprio bene.

lunedì 13 ottobre 2008

Speravo che, una volta finita la sessione d'esame, riuscissi a scrivere con più frequenza, ma la vita meneghina m'ha travolto nella sua attività frenetica.
Speravo anche di riuscire a leggere e studiare con un po' più di calma, con scarsi risultati.
L'università è ricominciata e ormai faccio comunella con Ale e, più raramente, con Edo. Perché gli altri fanno parte della sfigghitudine che basa la propria esistenza sullo studio, quando dovrebbe capire che ha vent'anni e che si vive una volta sola.
Sono in attesa di una risposta per il lavoro, ho contattato un'impresa d'architettura che cercava una traduttrice, ma ormai si fa tutto con i computer e il lavoro dei miei sogni sta andando a farsi fottere ancora prima di iniziare. Al massimo mi butterò sui call-center, come ogni buona universitaria che si rispetti.
Da novembre inizio il corso di acqua-gym, ché questo mese mi sono dimenticata d'iscrivermi. La dieta inizia a mostrare i suoi effetti (due taglie perse, yeah), ma bisogna rassodare.
Il resto della vita procede normalmente, tra litigi assurdi, convivenza forzata, giri per Milano, incontri piacevolmente inaspettati e aperitivi, of course.

sabato 4 ottobre 2008

Zusammenfassung

La sessione d'esami è finita e posso ritenermi più che soddisfatta. Non ho dato tutti gli esami che avrei voluto - anche se, con il senno di poi, posso affermare che sei esami in un mese sono troppi penso per chiunque -, ma ho portato a casa i miei signori voti.
La casa meneghina s'è riempita nuovamente. Se n'è andata Cami, la quale è riuscita ad entrare all'università di Trento per la specialistica; dovrebbe andarsene anche LaFranca, ma ora che si sveglia a portar via tutto arriva Natale. Per compensare il vuoto è arrivato Ricky, che fischietta e canta tutto il giorno e riesce a imitare perfettamente Tommy, l'amico immaginario di Danny, il bambino di Shining; è arrivato Andrea, che sinceramente non sa né di carne, né di pesce, ma c'è tempo per studiarlo meglio; è arrivata Lalla, meglio conosciuta in CdS come Nelly, la mia sorellina (per modo di dire, ovviamente. Sono una viziata figlia unica, io.), che dividerà la stanza con me e Illy.
Per il resto tutto bene. Tagli di rapporti qua e là, rappacificamenti e via dicendo. Sono zitella ufficialmente, ma almeno ora sono serena.
Giovedì sera sono rientrata nel mondo patinato della Como Che Conta, s'è ghettizzata a Milano in un disco-lounge in zona Porta Romana, meglio conosciuto come Spazio Fitzcarraldo. Se penso che ci ho messo più di un anno ad uscire da quel mondo tutta apparenza e poca sostanza, e che in una sera sono stata ricatapultata in esso, mi sento "sconfitta" (non prendete la frase in modo distruttivo, lo dico col sorriso sulle labbra, nonostante avrei preferito rimanerne fuori).
Dopo aver dato segni della mia presenza, torno al mio mal di testa, che non mi abbandona da una settimana ormai.
(Ah, buon ottobre. Lunedì ricomincia l'università e sinceramente ne sono felice.)

sabato 13 settembre 2008

Scende la pioggia...

Sarà l'acqua a catinelle, sarà l'esame di teologia imminente, ma oggi mi fermo a fare un po' di considerazioni.
1. i miei si sono spostati al piano superiore a giugno, possibile che da allora i lavori siano fermi? La mia camera è un insieme di scatoloni (leggasi: mobili Ikea). L'unica cosa finita è l'armadio, e quello già c'era. L'imbianchino è sparito nel nulla insieme alle varie gradazioni di blu che gli avevo chiesto, così quella camera rimarrà un refugium peccatorum per chissà quanto. E ho anche sbagliato a comprare le cornici per le foto della Magnum. Uff.
2. ho la vaga sensazione di essere un tantino esaurita. Sarà che in questo periodo sembra che nessuno sia in grado di fare qualcosa senza l'aiuto della sottoscritta, ma io vorrei tanto essere su una sdraio a fare la lucertola, a leggere un buon libro e niente di più.
3. o è scemo lui, o non so cosa pensare. Ieri sono andata dalla parrucchiera e pure lei s'è accorta che sono innamorata persa di lui. Solo quel coglione non se n'è ancora reso conto e viene a tirarmi storie per 30 chilometri. E scusate il francesismo.
4. forse non ho capito niente di quel film, ma non guardate Funny Games. Se è l'erede di Arancia Meccanica, allora siamo messi bene. E non ho ancora capito bene la scena del rewind, ma sono stanca e non ho voglia di pensarci.
5. stasera c'è l'aperitivo con gli ex-coinquilini. Chi va a Trento, chi a Londra, chi sparirà sicuramente. Che tristezza.
6. non voletemene, ma mi sono appena resa conto che la cosa più utile che abbia fatto il libro di Camilleri regalatomi per il compleanno è stata tenere rialzato il portatile per paura che si riscaldasse.
7. e con il numero del tutto termino questo post sgangherato.

domenica 7 settembre 2008

!

Dico solo una cosa: Atti Osceni In Luogo Pubblico.
E spiego il mio sabato sera.

venerdì 5 settembre 2008

E rimasero in otto piccoli indiani...

Ok, ho fatto male i miei conti (mai stata una cima in matematica).
Ieri Marco è arrivato con i rinforzi e s'è portato via tutto.
Ahi lasso, or è stagion di doler tanto.
Se ha già portato via tutto pure lui, vuol dire che un capitolo di questa storia è proprio finito. Andrà a vivere con la morosa (chiedo venia, ma non mi ricordo mai il suo nome), metterà la testa a posto, cosa incredibile da uno come lui.
E siamo a quota -2.

giovedì 4 settembre 2008

E rimasero in nove piccoli indiani....

Lella è passata ieri a prendere le ultime cose. E un letto s'è già svuotato.
Fa impressione così bianco, un materasso e una lampada sul comodino. Le pareti vuote, fino a ieri mattina piene di frasi, foto e ritagli di giornale.
Ha lasciato ufficialmente quel posto a me. Il che significa non svegliarsi ogni giorno con il mal di schiena, ché quel letto infame sarebbe da buttar via, anziché lasciarlo alle matricole.
Ieri è passato pure Marco, ma lui ha talmente tante cose da portar via che, penso, ci metterà tutto il mese di settembre come minimo. Quindi la pillola verrà addolcita con il lento ma progressivo svuotarsi di quella camera.
E per riempire nuovamente le stanze, bisognerà aspettare ottobre.

mercoledì 3 settembre 2008

Scusate lo sfogo...

Ma qualcuno mi può spiegare per quale arcano motivo a una persona di genere femminile, in età mestruale, dovrebbe interessare qualcosa se il proprio assorbente profuma di malva e lino?
Per non parlare delle chicche alla Lo Sapevi Che...? della Settimana Enigmistica riguardanti il ciclo.
Certa gente dovrebbe iniziare a lavorare seriamente, anziché inventare queste inutilità.

[Sì, sono ancora a casa da sola. E con la schiena bloccata. E no, non ho niente di meglio a cui pensare.]

lunedì 1 settembre 2008

Tremate, tremate: le streghe son tornate!

Ok, sono tornata.
In realtà l'ho fatto già da un po', ma a quanto pare il mio cervello ha deciso di rimanere in vacanza. Ho provato più di una volta ad aprire la pagina "Crea Post", con conseguente chiusura dopo cinque minuti per mancanza d'ispirazione.
La vacanza in Austria è stata, come ogni anno, fantastica. Inutile negarlo, sono innamorata di quel paesino sperduto in mezzo alle Alpi. A differenza degli altri anni, però, è stato mooooolto più stancante. Certa gente dovrebbe capire che io non ho il fisico (e soprattutto i polmoni) per fare certe camminate. No, no.
E sono tornata a Milano. Quest'anno con portatile e connessione altalenante, così potrò rendervi partecipi della mia vita meneghina. Vita che in questa settimana è praticamente nulla: sola soletta in un appartamento dove, di solito, convivono la bellezza di dieci persone.
Mi sento un'eremita. E sono in paranoia.
Assurdo quanto ci si annoi senza i coinquilini. E assurdo è anche che i simpaticissimi bambini del piano di sopra si mettano a correre alle sei del mattino, soprattutto quando una povera eremita ha passato una notte insonne a causa del caldo soffocante.
A proposito di coinquilini, quest'anno ci saranno molti cambiamenti. Se ne vanno Lella, Marco, Franca (no, non s'è ancora laureata. Semplicemente, non ha più corsi da seguire. Solo quasi tutti gli esami della triennale da dare) e, forse, Cami, se viene ammessa a Trento per la specialistica.
Quanto a nuove entrate ci saranno sicuramente Ricky, studente di medicina (piccola nota sugli studenti di medicina: formano un gruppetto a sé stante, nel quale tu, insignificate studente di qualsiasi altra facoltà, non puoi entrare, perché non capiresti nulla. Soprattutto le tristissime battute che solo loro sono in grado di capire), così saranno in tre - ci stanno accerchiando! - e Lalla, che so già sarà la mia piaga annuale, in quanto futura matricola della mia stessa facoltà (e m'ha già stressato abbastanza durante l'estate. Ed era in Umbria. Figuriamoci quando vivremo sotto lo stesso tetto.). I due posti rimanenti non si sa ancora a chi andranno.
Sarà, ma prevedo fulmini e saette.
[La prima foto è a quota 2500 metri, al confine tra Voralberg e Tirol. La seconda, a quota terzo piano, la vista dal balcone dell'appartamento.]

lunedì 4 agosto 2008

Agosto

Agosto. Alla fine, per chi studia, è questo il mese della svolta. Perché a settembre, in un modo o nell'altro - chi con un nuovo anno scolastico, chi con una serie interminabile di esami come la sottoscritta - incomincia un nuovo periodo della propria vita. E penso sia giunto il momento di fare il punto della situazione.
Quanto cambiano le cose in un anno. E quanto è volato, l'anno in questione.
Riuscire finalmente ad allontanarsi dalla propria casa, dal proprio nido, e chiamare "casa" un appartamento sgangherato condiviso con un altro miliardo e mezzo di persone vicino a Porta Romana bella, Porta Romana. Scoprire d'andare perfettamente d'accordo con il miliardo e mezzo di persone già citate (e ringraziate in altri post), nonostante i vent'anni passati da figlia unica viziata.
L'università. Avere sulle spalle il peso di un sarai la prima in famiglia a laurearti ed essere ogni giorno incerta sul da farsi. Ma nonostante tutto, trovare che sia il posto adatto per scoprirlo. Incontrare compagni di viaggio - perché, alla fine, è un viaggio - incredibili e non trovare altre parole per descriverli.
Perdere molte amicizie sulle quali si contava e capire che non c'è più nulla in comune con loro. Trovarne di nuove e ritrovarne alcune perse troppo tempo fa.
Amore a fasi alterne, ma vedere una speranza. Perché quella è l'ultima a morire e la costanza ripaga gli sforzi spesi.
L'amata Austria a sole due settimane di distanza e voler condividere questo posto speciale con chi so io. Ma in realtà è meglio viverla da sola, almeno per quest'anno.
E il resto lo scopriremo solo vivendo...

martedì 29 luglio 2008

Finalmente cualquno l'a capito!

Tullio De Mauro nel 2004 ha dato una radiografia impietosa della cultura italiana: “Più di due milioni di adulti sono analfabeti, quasi quindici milioni sono semianalfabeti, altri quindici milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione e comunque sono ai margini delle capacità di comprensione” necessarie “in una società che voglia non solo dirsi, ma essere democratica”. Sul banco degli imputati va la scuola, come è ovvio. Ma ogni categoria accusa l’altra. I professori universitari si lamentano che la scuola mandi loro studenti in stato disastroso, i docenti delle superiori di ricevere allievi impreparati dalle medie e i loro collegi delle medie puntano il dito contro i maestri.
Francesco Sabatini ha più volte sottolineato che dovrebbe essere radicalmente migliorata la “competenza linguistica”, dai maestri elementari ai professori universitari, e ha affermato che “gli addetti ai lavori dovrebbero dimostrare - magari anche con esami appositi - la loro capacità di comunicare in un buon italiano e non italianese”. Un’azione efficace non può che partire dal vertice di questa piramide in rovina e finalmente, sull’ultimo numero di Lingua Italiana d’oggi, Dora De Maio affronta il problema dell’italiano dei (super?) colti: cioè la lingua dei docenti universitari.
L’analisi non è astratta, ma prevede una verifica sul campo in cui si analizzano dispense e libri di ricercatori, professori associati e ordinari dell’Università di Salerno, scelta perché nelle graduatorie della classifica nazionale di qualità stilata dal Censis è in una posizione superiore alla media degli atenei italiani. Il quadro è disarmante a tutto campo. Si inizia da punteggiatura e grafie errate per arrivare a un lessico approssimativo e quindi a una sintassi traballante, ricca di anacoluti e deficitaria di congiuntivi: insomma un campionario d’errori da matita blu, che si estende poi a un periodare zeppo di ripetizione e spesso ricco di tautologie.
Incominciamo dalla punteggiatura. La virgola è messa fra soggetto e predicato (“Questi studi, arricchiranno la base descrittiva della conoscenza del bambino”) oppure fra predicato e oggetto: “È stato spesso rilevato che gli adulti manifestano, una grande similarità”. Il campionario prevede l’inserimento abusivo di una virgola tra il nome e aggettivo, prima di complementi indiretti retti da un sostantivo oppure scompare là dove dovrebbe esserci. E cos'accade per i punti e virgola e due punti che vengono inseriti nelle frasi spesso a caso.
Avanti con coraggio. I professori universitari spesso dimenticano le regole elementari dell’ortografia nel mettere o togliere accenti a capriccio: capita di leggere in dispense e libri monosillabi accentati senza ragione come "fà", "sò" e "sà", altri in cui l'accento si sostituisce all'apostrofo ("và" per "va'", "pò" per "po'") altri in cui l'accento viene dimenticato: "Ciò che da forma ai comportamenti umani". E con gli apostrofi non va meglio. Accade che in un dire molto compiaciuto con paroloni da far paura un misero apostrofo a sproposito crei quasi un effetto surreale: "Per un verso, rappresenta una conseguenza della costituzione della psicologia in quanto disciplina, da un'altro, si connota come fondamentale per la creazione della disciplina stessa".
Con la sintassi è facilissimo incontrare accordi errati di genere e numero, incertezze nell'uso delle preposizioni, e anche anacoluti. Ecco un brano esemplare: "A proposito degli scritti di argomento socio-antropologico digiacomiano gli si potrebbe obiettare un'analisi della realtà abbastanza mistificante". Qui si riesce a infilare tra un doppio aggettivo da far accapponare la pelle e un altro preceduto da un generico avverbio (un "abbastanza" insignificante), un "gli" del tutto fuori posto. E poi c'è quasi un pudore a usare il congiuntivo, magari una volta sì e l'altra no, come capita in questo brano sconquassato: "La tecnica è frequente nel teatro di Bracco; nella rilettura di un testo, spesso accade che una battuta viene rielaborata come se l'autore preoccupato di adattare un stile troppo letterario, troppo discorsivo alla rappresentazione, trasformando, pertanto, la scrittura letteraria in una scrittura scenica". L'accoppiata tra forma e contenuto resta tutta da decifrare.
Dove l'accademia dà il meglio di sé è nell'invenzione di neoformazioni da brivido. "Il traguardare, mediante la tecnica della dissolvenza permette di riportare in superficie un'altra immagine; la fa affiorare come accadrà, a Ceylon, col fascio di orchidee che sotto i suoi occhi si metamorfisce in un paesaggio fantastico". "Metamorfire" è il suggello d un dire che vuole sfiorare la poesia e cade nel kitsch. Ma capita anche di peggio. Un professore riesce a inventare un significato nuovo del verbo "svanire", in luogo di "far svanire": "Il trascorrere del tempo mescola e svanisce la storia, i destini, le tracce 'in un mare di lava e di scorie'". Una frase da brivido. Ha ragione Sabatini: i professori universitari dovrebbero essere riesaminati nella loro competenza linguistica.

domenica 27 luglio 2008

Randy Pausch

"Posso dirvi che ho fatto un sacco di cose stupide e nessuna di esse mi dà fastidio ora. Tutti gli sbagli ed i momenti in cui sono stato imbarazzato non importano. Ciò che importa è che posso guardarmi dietro e dire 'quasi tutte le volte che ho avuto la possibilità di fare qualcosa di bello ho cercato di afferrarla' ed è da questo che arriva il mio sollievo.
Trovate la passione e seguitela. Non troverete la passione nelle cose, né nel denaro, perché più cose e più denaro avete, più userete queste cose come metro per guardarvi attorno e vedere che c'è sempre qualcuno che ne ha di più. Quindi la passione deve arrivare da qualcosa che vi alimenta dentro".
Randy Pausch, 23 ottobre 1960 - 25 luglio 2008

mercoledì 23 luglio 2008

Intelligentia

In questi giorni, tra le altre cose, c'è l'arduo compito di cercare un nuovo portatile.
Alla fine del turno mattutino, decido di recarmi in ufficio da mia madre, la quale aveva delle offerte di computer da mostrarmi.
Insieme a lei c'era Katiusha, un nome, un perché. Katiusha è la figlia del socio di mio padre e ogni tanto, quando è a casa dal lavoro, passa a far finta di dare una mano in ufficio (in realtà fa ben poco oltre a chattare in messenger).
Mentre scrutavo le varie proposte, sorge - data la mia grande ignoranza - la fatidica domanda: "Ma... quanto è grande uno schermo da quindici pollici?".
Al che, vedo Katiusha con molta nonchalance prendere i suoi due bei pollicioni ed iniziare a contare (neanche in diagonale, e fin lì c'arrivo anch'io!) quanti ce ne vogliono per formare la base dello schermo davanti a lei.
Finito il lavoro: "Questo schermo è più o meno da diciassette pollici, quindi fai conto che sarà un po' più piccolo..."
Grazie, Katy.

martedì 22 luglio 2008

Cos'è "intuito"?!

Mi butto a capofitto nel(i) lavoro(i), nella lettura, nello studio. Perché non devo assolutamente pensare. Ogni volta che mi fermo a pensare vedo la verità balenarmi davanti agli occhi e non voglio ancora ammetterla. Finta, è finita.
Perché dopo avermi lasciata "sola" anche questo sabato - ormai, facendo i conti, è quasi un mese che non lo vedo -, se n'è uscito con un discorso sul fatto che ormai ha bisogno di serietà nella vita, che non è il tipo di persona che salta da un ponte all'altro e via dicendo.
Dire che è stato vago è poco, ma per quanto ne dica la mia amica d'infanzia, non lo vedo come un proviamoci, ma come un addio. Questa volta definitivo.
Probabilmente ormai dovrei essere abituata ad essere lasciata da parte finito il divertimento iniziale, ma questa volta fa male, perché ci credevo realmente. Sembrava - stranamente - la volta giusta.
Ho sempre un intuito infallibile, io.

lunedì 21 luglio 2008

domenica 20 luglio 2008

Festa della Birra 2008

"Grazie ai ragazzi là in fondo che tengono il tempo con il sopracciglio, grazie al palo che ha rotto i coglioni tutta sera, grazie ai carabinieri che stanno per arrivare per farci smettere. E grazie al cazzo."

sabato 19 luglio 2008

La Bambina che Salvava i Libri, Markus Zusak

[Mi rendo conto che è un brano abbastanza lungo, ma non sono riuscita a trovare un solo paragrafo significativo, come mio solito. L'ho amato, l'ho letto - quasi - d'un fiato. E mi sono commossa come non facevo da anni per un libro.]

Vista dall’interno, la fiumana degli ebrei era una tenebrosa confusione di braccia e di gambe. Uniformi lacere. Nessun soldato l’aveva ancora vista, e Max la mise in guardia: «Devi lasciarmi andare, Liesel». Tentò persino di spingerla via, ma la ragazza era troppo forte. Le braccia emaciate di Max non ebbero la forza di respingerla, e lei continuò a camminare tra la sporcizia, la fame, lo smarrimento.
Poi, il primo soldato la scorse.
«Ehi!» gridò, puntandole contro il frustino. «Ehi, ragazza, che stai facendo? Fuori di lì!»
Quando lei lo ignorò del tutto, il soldato si servì del braccio per aprirsi una strada in mezzo allo spessore della gente, spintonandola da parte per farsi largo. Si curvò su di lei, mentre Liesel lottava e notava la strana espressione sul volto di Max Vandenburg: lo aveva già visto spaventato, ma mai così tanto.
Il soldato la afferrò.
Le sue mani le malmenarono gli abiti. Si sentì fino alla pelle le ossa delle sue dita, la giuntura di ogni nocca. «Ho detto fuori!» le ordinò, e trascinò la ragazza di lato, scaraventandola nella ressa dei tedeschi che guardavano. Faceva più caldo, il sole le scottava il viso. La ragazza cadde lunga distesa, dolorosamente, ma si rialzò. Si riprese e aspettò; poi, rientrò nella fila.
Stavolta si fece strada da dietro.
Vedeva distintamente, più avanti, il cespuglio di capelli e vi si avvicinò di nuovo.
Questa volta non poté giungere fino a lui, si fermò. Da qualche parte, dentro di lei, c’erano anime di parole che si arrampicavano fuori, al suo fianco.
«Max», disse. Lui si volse e per un attimo chiuse gli occhi, mentre la ragazza proseguiva: «'C’era una volta uno strano ometto'», disse. Le sue braccia erano abbandonate, ma le mani, sui fianchi, si stringevano a pugno. «'Tra gli scuotitori di parole c’era una ragazzina…'»

Uno degli ebrei in cammino verso Dachau si arrestò.
Rimase assolutamente immobile mentre gli altri deviavano cupi intorno a lui, lasciandolo solo. I suoi occhi vacillarono, e fu tanto semplice. Parole dalla ragazza all’ebreo, parole che adesso si arrampicavano su di lui.

Quando parlò di nuovo, le domande le s’inciampavano sulla bocca. Lacrime cocenti le gonfiavano gli occhi, perché non voleva lasciarle uscire: meglio mostrarsi risoluta e fiera. Lasciare che a fare tutto fossero le parole. «'Sei proprio tu?'» disse. «'È proprio dalla tua guancia che ho preso il seme?'»

Max Vandenburg rimaneva fermo.
Non cadde in ginocchio.
Tutto si era fermato. Lo osservavano.
Restando immobile, Max osservava prima la ragazza, poi direttamente il cielo, che era ampio, azzurro e magnifico. Grandi raggi – travi di sole – piovevano a caso qua e là sulla strada, meravigliosi. Le nuvole inarcarono il dorso per guardarsi indietro quando ripresero a muoversi. «È una giornata così bella», disse, con voce spezzata in tanti frammenti. Un gran giorno per morire. Un gran bel giorno per morire, come questo.
Liesel andò verso di lui. Ebbe abbastanza coraggio da allungare un braccio e toccare il suo volto barbuto. «Sei proprio tu, Max?»
Una splendida giornata tedesca, e la sua folla attenta.
Lui le baciò il palmo della mano. «Sì, Liesel, sono io», e si premette sul viso la mano della ragazza, piangendo fra le sue dita. Piangeva, mentre arrivavano i soldati e un gruppetto di ebrei insolenti stava lì a guardare.
Rimase in piedi mentre lo frustavano.
«Max», piangeva la ragazza.
Poi tacque, quando la trascinarono via.
Max.
Il pugile ebreo.
Dentro di sé, Liesel disse tutto.
Maxi-taxi, non è così che ti chiamava quell’amico di Stoccarda quando combattevi per strada, ti ricordi? Eri tu… il ragazzo dai pugni duri, e dicevi che avresti tirato un cazzotto in faccia alla morte quando fosse venuta a prenderti. Ricordi, Max? Sei stato tu a raccontarmelo. Io ricordo tutto…

Ricordi il pupazzo di neve, Max?
Ricordi?
In cantina?
Ricordi la nuvola bianca con il cuore grigio?
A volte il Führer viene ancora a cercarti. Gli manchi. A noi tutti manchi.
La frusta. La frusta.

La frusta piombò giù dalla mano del soldato, abbattendosi sul viso di Max. Gli lacerò la guancia, facendogli un taglio sulla gola.
Max cadde al suolo, e il soldato si volse contro la ragazza, con la bocca aperta. Aveva denti bianchissimi.
Un lampo improvviso davanti ai suoi occhi. Ripensò al giorno in cui avrebbe voluto che Ilsa Hermann, o almeno la fida Rosa, la pigliassero a schiaffi, ma né l’una né l’altra l’aveva fatto; quella volta, però, non rimase delusa.
La frusta le lacerò il colletto, raggiungendola alla scapola.
«Liesel!»
Conosceva quella persona.
Mentre il soldato faceva roteare il braccio, la ragazza intravide negli intervalli della folla un atterrito Rudy Steiner che la chiamava. Vedeva la sua faccia stravolta, i suoi capelli gialli. «Liesel, vieni via di lì!»
La ladra di libri non veniva via.
Serrò gli occhi e si prese la seconda, bruciante frustata, poi un’altra, finché il suo corpo non urtò il selciato tiepido della strada, che le riscaldò la guancia.
Arrivarono altre parole, stavolta dal soldato.
«Steh’ auf
Quelle due economiche parole erano rivolte non alla ragazza, ma all’ebreo. Il concetto venne poi sviluppato: «In piedi, lurido stronzo, figlio di puttana ebreo, in piedi, in piedi…»

Max si sollevò.
Solo un altro sforzo, Max.
Solo un altro sforzo, sul freddo pavimento dello scantinato.

I suoi piedi si mossero.
Si trascinarono avanti, e riprese il cammino.
Le sue gambe vacillavano e le mani strofinavano i segni dello scudiscio, per alleviarne il bruciore. Quando cercò di guardare nuovamente Liesel, le mani del soldato erano sulle sue spalle insanguinate e lo sospinsero via.

Arrivò il ragazzo. Le sue gambe smilze si piegarono e chiamò qualcuno alla sua sinistra.
«Tommy, vieni qui ad aiutarmi. Dobbiamo portarla via. Sbrigati, Tommy!» Sollevò la ladra di libri per le braccia. «Su, Liesel, ti devi allontanare dalla strada.»

Quando fu in grado di reggersi in piedi, guardò le facce attonite e raggelate dei tedeschi. Si concesse di accasciarsi ai loro piedi, ma solo per un momento. Un graffio parve strofinarle un fiammifero su un lato del viso, là dove aveva urtato il terreno. Ogni pulsazione lo faceva fremere.
Giù, in fondo alla strada, vedeva ancora confusamente le gambe e i talloni dell’ultimo ebreo in marcia.

Il viso le bruciava e soffriva acutamente alle braccia e alle gambe, un intorpidimento a un tempo doloroso ed estenuante.
Si mise in piedi.
Irritata, prese a camminare, poi a correre giù per la Münchenstrasse, trascinandosi sugli ultimi passi di Max Vandenburg.
«Ma che cosa fai, Liesel?»
Si divincolò dalla presa delle parole di Rudy, ignorando la gente che la osservava. Quasi tutti rimasero muti, come statue dai cuori pulsanti. Come spettatori delle ultime fasi di una maratona.
Liesel gridò ancora, con i capelli sugli occhi: «Per favore, Max!»
Dopo circa trenta metri, mentre un soldato si voltava, la ragazza sentì delle mani che le allacciavano la vita da dietro, mentre il ragazzo della porta accanto la faceva cadere sulle ginocchia, ricevendo i suoi pugni come se fossero regali. Accoglieva le mani e i gomiti ossuti di Liesel con appena qualche breve gemito. Accettava i violenti, goffi spruzzi di saliva e le lacrime come se fossero carezze sul viso, mentre la immobilizzava

• • •

Un ragazzo e una ragazza avvinti in mezzo alla Münchenstrasse.
Sconsolati sulla strada.
Insieme osservarono la gente scomparire. La guardarono dissolversi nell’aria.

lunedì 14 luglio 2008

Senza Titolo

Di nuovo sul mio letto, dopo tanto tempo. E ci rimarrò fino a settembre, perché di tornare a Milano proprio non se ne parla. Se Milano è già di per sé una città solitaria, d'estate lo è maggiormente, completamente vuota se non per qualche turista qua e là.
La sessione d'esame è andata abbastanza da schifo, ma non me ne lamento. So che la colpa è mia, perché mi riduco quasi sempre all'ultimo momento. E, in ogni caso, non ho voglia di parlarne.
C'è un foglio bianco davanti a me. E non ho la minima idea di cosa scriverci sopra. In realtà, i fogli sono due. Uno è per un compleanno, e non so quanto sia bene espormi in questa lettera. L'altro, è per una lettera a me stessa. Perché una delle mie tante tare mentali è quella di scrivere lettere a me stessa, chiuderle e metterle in qualche libro, per poi rileggerle dopo anni.
Per il resto, poco di rilevante. Me ne andrò qualche giorno da mia nonna paterna, che abita in mezzo al nulla, giusto per isolarmi un po'. E spero che sabato sia bello, perché c'è la festa della birra - alla quale, ahimè, non berrò - e devo vedere Veronica (che ha passato l'orale di tedesco, perché facciamo un cervello in due, quindi metà per uno va più che bene).
Ah, per la cronaca, questo è il nuovo look.


lunedì 7 luglio 2008

Bontà, Tim Parks

Dico con cautela: «Non sembravi così preoccupata per lei quando è nata. Cioè, eri un po' distaccata e meccanica. A cosa si deve questo grande cambiamento?».
Lei si stringe nelle spalle. Non è tenuta a dare spiegazioni, dice. Non lo sa. Dal canto suo potrebbe chiedermi come mai a un tratto ho abbandonato le speranze che certo non mi mancavano all'inizio, quando interpellavo tutti gli specialisti. Organizzavo l'intervento. E ora vorrei che morisse. Non è giusto, dico io. Ascoltiamo il fievole ticchettio di un orologio a parete. Poi lei dice: «È solo che voglio vederla sorridere di nuovo. Quel giorno, quando ha sorriso, mi sono innamorata di lei».

mercoledì 2 luglio 2008

Es Ist Schnee Gefallen, Anonym

Es ist Schnee gefallen
Und ist es doch nit Zeit,
Man wirft mich den Ballen,
Der Weg ist mir verschneit.

Mein Haus hat keinen Giebel,
Es ist mir worden alt,
zerbrochen sind die Riegel,
mein Stüblein ist mir kalt.

Ach Lieb, laß dich’s erbarmen
Daß ich so elend bin,
und schleuß mich in dein Arme!
So fährt der Winter hin.

lunedì 30 giugno 2008

Here we go again

Rieccoci qui. Di nuovo bloccata ad una sedia, la solita sedia, con il ghiaccio sul piede. Il piede blu questa volta, però, è il sinistro. E non ho la minima idea di come abbia fatto a cadere e a farmi così male. Fatto sta che son zoppa. Di nuovo.
E come ogni estate la pressione è ballerina. E pure ieri sono svenuta. Perché se mia madre m'avesse lasciata seduta nel mio angolino, probabilmente, sarebbe passato tutto. Ma ha voluto farmi alzare per portarmi a casa. Così, oltre ai lividi sul piede, ne ho altri in posti impensabili per la seconda caduta.
La voglia di studiare diminuisce e mi mancano ancora tre esami. Tre, perché la settimana scorsa non ho passato quello di tedesco. E più che il non averlo passato, è stata la motivazione: sembro una principiante. Allora per quale arcano motivo ho studiato tutti questi anni crucco? Manco fossi la prima scema che passa, ho il livello certificato dal Goethe Institut. Vabbè, ora non ho voglia di ripensarci.
Sono ancora stanca morta dalla festa di sabato. Perché la stagione delle feste estive della Pro Loco è iniziata e lavoro come una matta. E la gente che parla è sempre tanta, ma quella che si fa il culo (scusate il francesismo) sempre meno. Se le cose devono stare così, penso proprio che diserterò la Festa della Birra, perché voglio stare un po' con la mia Vero e con lui. Sempre se dura per altre tre settimane.
E ora, vado a zoppicare da un'altra parte...

mercoledì 18 giugno 2008

"Maturità, t'avessi preso prima..."

Anche quest'anno è iniziata. L'incubo degli studenti del quinto anno.
Che poi, io, nella celeberrima notte prima degli esami, ho semplicemente dormito. Non sopporto chi si agita per niente, quando ognuno è conscio di cosa sa e cosa no.
Sapevo che avrei dato il meglio di me nella prima e nella seconda prova (14/15 con il tema su Dante e lo stesso punteggio con la comprensione letteraria in inglese sull'ars poetica) e che avrei fatto schifo nella terza (non ricordo neanche quanto ho preso, so solo che a fine esame ho detto al mio professore di filosofia che credevo fossero troppe quindici righe per la domanda su Kant. E lui ha risposto che ci ha fatto la tesi di laurea su quella domanda. Figure di merda, a me!).
Per il resto, sta tutto alla commissione: se vuole, ti premia, altrimenti ti devi arrangiare.
I momenti più belli dei miei esami, comunque, rimarranno i viaggi interminabili in auto con Sabri, cantando a squarciagola sotto il sole cocente di giugno/luglio (non si può dire la stessa cosa per quest'anno...).

lunedì 16 giugno 2008

Notte Bianca Como 2008

Ammetto che non volevo andarci. Perché durante la Notte Bianca a Como aprono le gabbie. Ma come potevo lasciare un'amica in mezzo al marasma da sola, soprattutto dopo che m'aveva detto di volersi ubriacare?

Che brava amica che sono, eh?

Alla fine, m'è piaciuto. Ho rivisto molta gente, tra cui SS (con amico dell'amico annesso, che m'ha dato della sedicenne menosa perché non ridevo ad ogni singola stronzata che diceva. Che poi, inizia ad imparare l'italiano, poi ne riparliamo.) e Sacha, che non vedevo dalla maturità.

[In video, il momento migliore della Notte Bianca. In realtà, il momento migliore è stato un altro. Ma quelli non sono affari vostri.]

sabato 14 giugno 2008

Il Futuro è già qui

Eccolo. Il mio futuro.
Già mi vedo, mezza matta (non che la sanità mentale sia mai stata il mio forte), con i capelli grigi e arruffati causa non-voglia di andare dal parrucchiere e con una mezza dozzina di gatti con nomi impronunciabili derivati da strane mitologie conosciute solo da pochi eletti.
Che poi, la vita da zitella non è che mi dispiaccia. Meno problemi e meno seghe mentali.

[com'è facile auto convincersi, eh?]

venerdì 13 giugno 2008

Basta!

Ho deciso. La settimana depressa è finita in anticipo.
Perché io non sono così e odio chi piange sul latte versato. Quindi stop.
(la realtà è che ho ricominciato a sentirlo, ma ciò non toglie che mi senta patetica.)
E ho suggellato il tutto con un nuovo taglio (sempre la solita mente malata femminile): carré!
O bob, o caschetto che dir si voglia.
Addio capelli lunghi! Almeno per un po'...
Solo una cosa non capisco: per quale arcano motivo le ex fiamme cercano me una volta finiti i loro idilli d'amore?! Prima Erre, ora il Poeta. Sono stufa di questa mania! E tutti questa settimana, poi. Ci manca Endriu poi faccio il terno al lotto.

giovedì 12 giugno 2008

Solo una cosa...

Sono un'idiota. Sono una fottuta idiota.
Questi, per la cronaca, dovrebbero essere i miei appunti di letteratura tedesca.
Liebe ist grausam = l'amore è crudele.
Perché tutto mi ricorda te. E questa poesia sembra raccontare la mia situazione.

Dottooooooore?!

Io odio i dottori. In realtà, penso che tutti, chi più, chi meno, odino i dottori.
Io li odio perché immancabilmente sbagliano diagnosi. Mai - e dicasi mai - una volta che l'azzecchino.
Giusto per fare un esempio, m'hanno operato d'urgenza all'appendice, credendo stesse andando in peritonite. Quando m'hanno aperto, hanno scoperto che avevo un problema alle ovaie. Così mi ritrovo con tre cicatrici in più non volute. Ma vabbè.
In più, il mio odio verso i medici è aumentato da quando vivo con due future dottoresse: non si può fare una conversazione senza che loro inizino ad inserirci termini scientifici vari ed eventuali. Con il risultato di trovarsi di fronte i restanti membri della conversazione con faccia a punto di domanda per non aver capito un emerito. L'importante è che capiscano loro, no?
Fatto sta che sono tre mesi che ho un problema alla gola. Esami su esami, antibiotici su antibiotici e niente, la mia gola rimane sempre nel suo pessimo stato.
L'ultimo esame - incredibile! - è risultato positivo. Allora mi preparo psicologicamente a perdere un'intera mattinata in sala d'attesa e m'incammino verso lo studio medico.
Entro trionfante dal medico, pensando che finalmente la mia gola tornerà come prima.
Lui guarda gli esami, guarda la gola e poi...
"Elisabetta, la tua gola fa sempre schifo, ma tu sei sana come un pesce. A presto".
E mi apre la porta dello studio.

Non.è.possibile.

mercoledì 11 giugno 2008

A volte ritornano...

Non è che sia sparita. Talvolta, semplicemente, vengo sopraffatta dagli eventi.
Sono stata al mare, in Turchia, per una settimana. E là ho fatto ben poco, oltre a scottarmi in posti impensabili.
Sono entrata nella seconda decina in modo silenzioso. Non amo le feste di compleanno e affini. Le facevo da piccola, prima che ci espropriassero la maggior parte del terreno, ma erano altri tempi. E per il diciottesimo, ma lì è quasi d'obbligo. E anche in quel caso nessuno m'ha tolto una bella fregatura da parte del coglione di turno che, guarda caso, ha ricominciato a farsi sentire proprio in questi giorni.
Ma questa è un'altra storia.
Sono entrata nella seconda decina e ho ricevuto molti auguri inaspettati. Ecco, amo gli auguri fatti con il cuore, del regalo m'importa ben poco. E, forse, finalmente la gente l'ha capito, risparmiando un bel po' di soldi e non facendomi regali. Ma, ripeto: preferisco un augurio con il cuore che un regalo per convenzione. E così è stato.
In certe occasioni fai caso a chi ti pensa veramente e chi, in realtà, parla solo per dar fiato alla bocca. E il pensiero che aspettavo di più è, probabilmente, quello che non ho ricevuto. Lei, che s'è dichiarata più volte "mia sorella" (credo poco a queste definizioni, ma per far felici le persone a cui tieni fingi che t'importi) è ormai un anno che mi parla solo se sono io a cercarla.
Ma tant'è. Rimango sempre della convinzione che siano gli altri a perderci, non io. Penso sia più che altro un trucco per non rimuginarci troppo, e a volte funziona.
In questi giorni sono critica - se non s'era ancora capito -. Prendetemi così, se vi va, altrimenti andate a leggere qualcosa d'altro.
In questo periodo sono ritornate molte persone non volute - tra cui Erre, ma non ha ancora capito che non sono più disposta ad accoglierlo a braccia aperte, perché m'ha reso insensibile verso i rapporti di coppia e non lo perdonerò mai per questo - e se ne sono andate molte persone ben volute - tra cui Pina. E non era nulla di inaspettato, ma fa comunque male sapere che non ci sarà più -.
Ho reciso l'ennesimo rapporto. E non so bene perché. O, per meglio dire, lo so, ma preferisco non ammetterlo. Perché sono gelosa. Perché sono possessiva e gelosa. E perché sono stufa di rifiuti arrivati quando io sono troppo coinvolta per non rimanerci male. E quindi gioco d'anticipo.
La voglia di studiare è altalenante, aggravata dal solito dubbio che mi ronza nella testa: ce la farò? Perché qua mi danno tutti per futura disoccupata e non credo si sbaglino di molto.
Ma, come si dice, la speranza è l'ultima a morire.

giovedì 22 maggio 2008

Au revoir


Ci si rivede il trenta maggio!

venerdì 16 maggio 2008

CdS

Perché ormai l'anno accademico è finito e non conviveremo più sotto lo stesso tetto - se non per qualche giorno causa esami - fino ad ottobre.
E volevo dirvi grazie.
Grazie per i mesi stupendi passati insieme, grazie per avermi fatto sentire subito a casa, grazie per l'affetto, le risate e - perché no? - anche per le litigate.
Grazie a Matti, polemico della casa, ma il primo a darti una mano quando hai bisogno.
Grazie a Jerry, perché ti strappa sempre un sorriso, ma sa anche andare oltre i discorsi di circostanza.
Grazie a Marco, che vuole fare l'eremita, ma in fondo in fondo si trova bene con noi.
Grazie a Cami, perché è sempre pronta al confronto.
Grazie a Lella, perché pochi sanno apprezzare veramente il suo essere diretta.
Grazie a Illy, perché come lei non c'è nessuno.
Grazie a Marti e alle sue diagnosi.
Grazie a Franca, perché "tu sei scema-intelligente, mentre gli altri sono scemi-stupidi".
Grazie a Pesy, perché ci inondi di parole, ma sai trovare il buono in ogni cosa.
[manca Pesy]
Grazie. Di cuore.
Vi voglio bene.

domenica 11 maggio 2008

A Te

Tu ci credi?
Credi ad un "noi" oltre l'"io e te"?
Io faccio fatica a pensarlo. Perché mi hai già lasciato una volta sul ciglio di una strada e la fiducia in te è svanita. Perché non mi spezzo, ma piegandomi a volte provo dolore.
Perché, ammettiamolo, dopo che ho avuto una cosa perdo l'attrattiva in essa.

sabato 26 aprile 2008

Und jetzt...?

Ora siamo alla resa dei conti. La sessione d'esame s'avvicina ed è questo il momento in cui capire se ho fatto la scelta giusta. Perché il dubbio c'è sempre, soprattutto se non fosse stato meglio andare a lavorare piuttosto che seguire l'utopia di diventare traduttrice. E il fatto che nessuno sia dalla mia parte peggiora un po' l'umore.
Ma vabbè.
Per ora studio per l'ultimo parziale poi, da lunedì inizierò lo studio delle materie che si sono aggiudicate un appello durante la sessione giugno/luglio.
Tra poco meno di un mese me ne andrò in vacanza in Turchia, ad Antalya. C'è un detto che recita "Allah creò il mondo in sei giorni, il settimo si riposò ad Antalya". Speriamo avesse buongusto.
Per il resto? Lo scopriremo solo vivendo. Quest'anno, probabilmente, salterà la mia amata Austria, perché non trovo un cane che voglia venire con me ad agosto. Dicono di essersi rotti di quel posto. Sarà, ma io, dopo vent'anni, ancora non riesco a fare a meno di quel paesino.
Il lavoro che doveva essere mio per quest'estate è stato dato ad una più immanicata e imparentata con i datori di me. E con meno di un quarto delle mie conoscenze linguistiche. Vorrei vederla parlare in tedesco quando a malapena sa dire come si chiama in italiano.
Ma tant'è. Scelta loro, problemi loro.
E a proposito di problemi, c'è chi se la passa peggio di me. Per sua scelta, tra l'altro.
Emme è stata sorpresa a rubare nel negozio in cui lavorava, e per questo è stata licenziata.
Come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio, dato che anche dal suo precedente lavoro era stata licenziata per questo motivo.
Cricca, invece, ha ben altri problemi. Ha scoperto che il suo ragazzo frequenta i bordelli di Lugano.
Non vorrei essere nei suoi panni.

giovedì 24 aprile 2008

Quando si suol dire "essere dei geni"

Prendendo spunto da un post di un amico mi sono messa a riflettere sul doppiaggio.
Forse pochi sanno che l'Italia è uno dei paesi dove l'arte del doppiaggio è molto avanzata. In molti paesi si usa il sottotitolaggio - vedi Francia - oppure si lascia il film in lingua di partenza con una voce fuori campo che spiega le scene nella lingua d'arrivo.
So benissimo che l'originale è sempre migliore, e sono la prima a vedere un film/leggere un libro non doppiato/tradotto (ed è un po' ossimorico, dato che il mio sogno nel cassetto è fare la traduttrice. Ma questo è un altro discorso.), però bisogna rendersi conto che non tutti hanno la fortuna di conoscere, e soprattutto capire più di una lingua, quindi bisogna rendere i film accessibili a tutti.
E come, se non con il doppiaggio?
Il sottotitolaggio o il sovratitolaggio, a mio parere, fa perdere la parte visiva di un film, in quanto si passerebbe il tempo a leggere quello che c'è scritto e si perderebbe la parte migliore di un film. E, in ogni caso, anche lì c'è il problema di quanto e cosa scrivere perché, ovviamente, non si può trascrivere tutto.
La voce fuori campo trovo sia un'idea assurda: un miscuglio di lingue che rendono difficile la comprensione.

Il problema del doppiaggio sta nel rendere nella lingua d'arrivo i giochi di parole della lingua di partenza. E questo non sempre è possibile, dato che le due lingue hanno un background culturale diverso.
In certi casi, però, le traduzioni risultano geniali, nonostante stravolgano il significato originale.

Young Frankenstein (ITA: Frankenstein Junior)




Werewolf!
Werewolf?
There!
What?
There wolf, there castle.







Lupo ulula!
Lupo ululà?
Là!
Cosa?
Lupu ululà e castello ululì.
Il problema sta nel gioco di parole tra "werewolf" e "where", che non si può riproporre nella versione italiana: "lupo mannaro" non ha niente a che fare con "dove", quindi si gioca tutto su un accento sbagliato.

Horse Feathers




(fine video)
Wait e minute... There's no seal on it. Where's the seal?
(entra con una foca)
Qua si gioca tutto sul doppio significato della parola "seal": "sigillo" e "foca".
In italiano doveva comunque esserci un riferimento alla foca, poiché compariva sulla scena. Come fare il gioco di parole? Cambiando la battuta "Give me the seal" con "Focalizziamo", in modo che la radice richiamasse l'animale.

mercoledì 23 aprile 2008

New Orleans, Davide Van de Sfroos

Seet vegnuda granda giò in paluud,
insèma ai cucudrill e al tò fredèll,
mi hai detto che tuo padre ha tre fucili,
ma urmai g’ho un coer de trenta chili
e podi anca fàss sparà....

E me ho crumpaa un capèll de paja
e una cravatta che g’ha soe i farfall
E poi ti ho portato una collana
cun tucc i perli in fila indiana
la pussee bèla de New Orleans

e propi adèss che te me feet vedè un suriis,
la radio parla de questo cielo sempre pussee griis,
e propi adèss che te strènget la mia man,
gh’emm dumà el teemp de tirà soe trii strasc e nànn...

RIT. - E adèss che canzòn te canti
che la chitàra l’ha purtada via el fioemm
E adèss che canzòn te soni,
che la mia trumba l’ha bufàda via el veent...
Le nostre lacrime sul Mississipi sono difficili da far vedere
Le nostre urla dentro l’uragano
e queste assenze da lasciar tacere

E come mai piovono aghi da lassu' ?
e siamo bambole voodoo trafitte in ogni punto ormai...
E te...desmètt de piaang o mon amour
Te tegneroo la man toujour...
e ti riporto a New Orleans

E turnerà amò el carnevaal
e la paguura la resterà soel fuund del fioemm
E poi la canzone che ho cantato
adesso è un fiore soffocato
Ma la magnolia la riavrà...
E me g’ho un tatuagg cun’t el tò nomm,
l’ho fatto giù alla festa dei cajun
E tu la mia canzone l’hai imparata e non l’hai dimenticata
Ne’anca adèss che suta i tronn...

e propi adèss che te me feet vedè un suriis,
....

E per i blasfemi che non conoscono il dialetto laghee:

Sei diventata grande giù nella palude,
insieme ai coccodrilli e ai tuoi fratelli,
mi hai detto che tuo padre ha tre fucili,
ma ormai ho un cuore di trenta chili
e posso anche farmi sparare...

E ho comprato un cappello di paglia
e una cravatta con le farfalle
e poi ti ho portato una collana
con tutte le perle in fila indiana
la più bella di New Orleans

E proprio ora che mi fai vedere un sorriso,
la radio parla di questo cielo sempre più grigio,
e proprio ora che stringi la mia mano,
abbiamo solo il tempo di prendere tre cose e andarcene...

E adesso che canzone ti canto
che la chitarra l'ha portata via il fiume
e adesso che canzone ti suono,
che la mia tromba l'ha soffiata via il vento...
le nostre lacrime sul Mississipi son difficili da far vedere
le nostre urla dentro l'uragano
e queste assenze da lasciar tacere
e come mai piovono aghi da lassù?
e siamo bambole voodoo trafitte in ogni punto ormai...
e tu... smettila di piangere oh mon amour
ti terrò la mano toujours...
e ti riporto a New Orleans

E tornerà ancora il carnevale
e la paura resterà sul letto del fiume
e poi la canzone che ho cantato
adesso è un fiore soffocato
ma la magnolia la riavrà...
ed io ho un tatuaggio con il tuo nome,
l'ho fatto giù alla festa dei cajun
e tu la mia canzone l'hai imparata e non l'hai dimenticata
neanche ora che siamo sotto i tuoni...

E proprio ora che mi fai vedere un sorriso,
...

[questa è per Eugenio, perché lui ama questa canzone. E io amo il suo emozionarsi per le piccole cose.]

sabato 19 aprile 2008

What Elisabetta means




You are friendly, charming, and warm. You get along with almost everyone.
You work hard not to rock the boat. Your easy going attitude brings people together.
At times, you can be a little flaky and irresponsible. But for the important things, you pull it together.

You are relaxed, chill, and very likely to go with the flow.
You are light hearted and accepting. You don't get worked up easily.
Well adjusted and incredibly happy, many people wonder what your secret to life is.

You tend to be pretty tightly wound. It's easy to get you excited... which can be a good or bad thing.
You have a lot of enthusiasm, but it fades rather quickly. You don't stick with any one thing for very long.
You have the drive to accomplish a lot in a short amount of time. Your biggest problem is making sure you finish the projects you start.

You are the total package - suave, sexy, smart, and strong.
You have the whole world under your spell, and you can influence almost everyone you know.
You don't always resist your urges to crush the weak. Just remember, they don't have as much going for them as you do.

You are usually the best at everything ... you strive for perfection.
You are confident, authoritative, and aggressive.
You have the classic "Type A" personality.

You are full of energy. You are spirited and boisterous.
You are bold and daring. You are willing to do some pretty outrageous things.
Your high energy sometimes gets you in trouble. You can have a pretty bad temper at times.

You are a seeker. You often find yourself restless - and you have a lot of questions about life.
You tend to travel often, to fairly random locations. You're most comfortable when you're far away from home.
You are quite passionate and easily tempted. Your impulses sometimes get you into trouble.