lunedì 16 marzo 2009

Caso clinico n. 1

Come precedentemente anticipato, ho deciso di dedicare un post a ogni componente della ridente Casa dello Studente.
Sicuramente m'annoierò prima d'arrivare a metà dei coinquilini, ma per ora iniziamo la parata...


Nome: Thomas, meglio conosciuto come Jerry (fantasia, eh? Thomas, Tom, Jerry)
Età: 24 anni
Corso di laurea: Scienze motorie. Da due anni gli mancano cinque esami per laurearsi e penso resterà in questa situazione finché morte non ci separi.

Se vedessi Thomas in un contesto esterno alla casa, probabilmente penserei che è una persona normale. Ma, vivendo in questo appartamento, non può esserlo.
Voci narrano che, al primo anno di università, non perdesse mai una lezione: si alzava alle sei per andare a Saronno (meglio conosciuta come Spacciolandia, dove è sita la suddetta facoltà), tornava a Milano per pranzo e poi ripartiva alla volta dell'università. Ma, come ogni buon universitario che si rispetti, la cosa ha avuto vita breve.
La frequenza è andata lentamente scemando e, due anni fa, il tutto è degenerato. Ha scoperto le magie di Messenger prima e di Facebook poi ed è diventato un tutt'uno con la scrivania. Per rendere l'idea: ha un callo nella parte inferiore del palmo della mano destra, dove l'arto sfrega contro la parte finale del portatile.
Il resto della giornata lo passa a struggersi. Si strugge d'amore per una ragazza, sulla quale ci sarebbe molto da dire, ma è meglio che non lo faccia. Comunque. Da quando s'è innamorato di questa ragazza, non pensa a nient'altro, è sempre triste, fa strani sortilegi nei giorni di luna piena, sperando che la donna angelicata un giorno incontri il suo sguardo e si innamori follemente di lui.
Data la sua aura allegra, abbiamo deciso di chiamarlo Gilette, come le famose lamette. Perché piange, si dispera, canta canzoni depresse.
...
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E noi non ce la facciamo più.

domenica 8 marzo 2009

Non ho voglia di pensare a un titolo

Tornata.
Tornata con un nuovo taglio di capelli e con un nuovo tatuaggio (in realtà è di dicembre, ma mi sono resa conto di non averne nemmeno accennato. E non è da me).
Il problema è che non so cosa scrive e, soprattutto, come.
Sono capitata per caso sul mio vecchio blog (che avevo abbandonato perché Splinder diceva che il mio account era inesistente) e sono giunta alla conclusione che non sono più in grado di scrivere. Prima ero molto più poetica, i miei post sembravano quasi dei racconti brevi. Ora cosa sono? un modo come un altro per parlare, tutto qua.
Comunque. In questi mesi di - quasi - assenza sono giunta ad alcune conclusioni.
La conclusione più recente, giusto giusto di un paio di giorni fa, è che non sono più portata per i fucking friends. Sì, lo so, è una cosa che dovrei pensare e non dire, ma per me è importante. Importante non perché ho meno possibilità di finire su un sedile posteriore di un auto o tra lenzuola non mie, ma perché significa che non sono più la celeberrima Donna di Ghiaccio. Sarà che piccole donne crescono, ma mi riesce difficile uscire con una persona per il semplice atto fisico. Giovedì, dopo aver visto quello che ai tempi chiamavo IlGiurista, avevo un bisogno assoluto di cancellare l'accaduto, come se la cosa non mi appartenesse. Per non parlare di certi segni più visibili che neanche il correttore è riuscito a nascondere.
Al contrario di Iva, quindi, ti voglio con amore. Il problema, però, è che non so quanto voglia l'ipotetico lui: la mia vita è perfettamente organizzata per essere vissuta singolarmente, sarei in grado di aggiungere un altro protagonista?
Il problema (che poi tale non è), è che sto bene da sola e con i miei amici. Ho vissuto tanti bei momenti, a partire dal San Valentino con e Và, al ritorno in università con Ale, Vale, Nicla e Silvia, ai caffè con Ely o Cleofe, fino alle uscite laghee con Andre e Chicca (e non riuscirò mai a farvi vedere quanto è bella la nostra ultima scoperta, perché se cerco "Olde England Cernobbio" le uniche immagini che trova sono quelle della Villa d'Este. E non si può certamente definire pub, la suddetta villa. Bah): ho capito che sono loro le persone più importanti della mia vita. E per ora posso fare a meno della dolce metà: ne ho già dieci.
Nell'ultima settimana ho anche capito che non mi dispiacerebbe lavorare in ufficio. Mi è piaciuto fare la segretaria, anche se per poco. Ho deciso che, nel caso la mia laurea non fosse abbastanza per fare l'inserviente in Cattolica (ho pensato molte volte di dedicare un post a questa splendida figura, il cui lavoro è infilare la testa in aula per vedere se c'è lezione), potrei fare la segretaria: rispondere al telefono, inventare modi gentili e indiretti per mandare a quel paese le persone stupide, inviare fax e email, litigare con il computer che dovrebbe fare il salvataggio dati a mezzogiorno ma che continua a dare errori, und so weiter. Na, scherzi a parte, mi piace seriamente.
Come mio solito ho perso il filo logico dopo le prime due righe. Sarà che è quasi mezzanotte e sono un po' stanchina, sarà che domani devo andare a fare la spesa perché in questo appartamento le mie cose spariscono sempre (ma questa volta ci scappa la litigata. Chi scommette che ammazzo qualcuno?), sarà che - sempre domani - devo fare mille giri tra libreria, DSU e ufficio fotoriproduzioni, sarà che non so più che dire, ma questo post lo finisco così.
(Mais pas de problèmes: ho in mente una chicca per rendere partecipe l'intero web della gentaglia con cui vivo. Stay tuned.)