venerdì 25 gennaio 2008

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Mi sveglio prima oggi. Odio farlo: i miei modi di fare risultano nauseanti per tutto il giorno. Ma mi tocca: i tecnici della linea telefonica hanno deciso di presentarsi prima dell'inizio dell'orario di ufficio e, per essere lì in tempo, devo per forza svegliarmi un trenta minuti prima.
È finito il latte e non ho voglia di aprirne uno nuovo. Anziché i cereali, stamattina bevo il tè con una fetta di crostata della nonna, casomai patissi la fame in queste settimane di indipendenza.
Cerco di fare uscire il cane ma, come ogni mattina, si rifiuta di alzarsi dalla brandina e fa finta di dormire. Al diavolo, oggi non ho la pazienza necessaria per pregarlo d'uscire. Rimanga pure in casa tutto il giorno, dato che prima di sera non penso di tornare, problemi suoi.
Chiudo il cancello e m'accendo la prima sigaretta della giornata. Viziaccio maledetto ma insostituibile. Mi chiedo per quale arcano motivo non possa prendere la macchina invece di fare di corsa la strada che mi separa dall'ufficio, dato che, immancabilmente, mi perderò nei miei pensieri e arriverò in ritardo. E io odio essere in ritardo.
Dietro di me sento le campane. A lutto.
E mi si gela il sangue.
Perché io so per chi sono. Perché io conosco quella persona.
E mi domando perché con tutti i bastardi che ci sono a questo mondo proprio lei doveva spegnersi lentamente. E mi domando perché proprio in questo periodo, già depresso di per sé dato l'avvicinarsi del suo anniversario di morte.
Mi fermo a pensare che forse è meglio così. Egoisticamente dico che non vorrei se ne fosse andata, ma credo abbia fatto la scelta giusta: rifiutare cure inutili che, sì, l'avrebbero tenuta in vita, probabilmente, per un altro paio d'anni, ma che l'avrebbero distrutta dentro.
Tra un pensiero e l'altro arrivo davanti all'ufficio. Guarda caso, i tecnici non sono ancora arrivati. Figuriamoci.
Mi accendo un'altra sigaretta, mentre ogni suono di campana sembra pugnalarmi all'altezza del cuore. Mi passano per la mente tutte le persone che le erano più vicine di me. Se io sto così male, loro come stanno? E cosa potrei fare per aiutarle? In certe situazioni non so mai cosa fare. E la mia freddezza di certo non aiuta.
In più s'avvicina lo pseudo-esame. Sinceramente, non so se andarci o meno. In fondo, un esame si può fare anche in futuro, non è la fine del mondo.
Non lo so. Oggi non sono in grado di pensare.

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