domenica 9 settembre 2007

Ucciderò Mia Madre, Michela Franco Celani

Tutte le volte che incontro una persona che non vedo da molto tempo mi pare di essere addirittura sommersa dalla quantità di cose che devo raccontare; poi, all'improvviso, mi accorgo che in realtà mai ho così poco da dire come alle persone che appunto non vedo, con le quali ho da condividere solo ricordi sfocati che spesso neppure combaciano tra loro, deformati da esperienze e memorie diverse. O piuttosto è l'imbarazzo di avere una vita che si può riassumere in due parole.
Snocciolo una serie di «no» - marito figlio laurea fotografia no - e vedo Edvige talmente delusa che all'improvviso mi ricordo di quanto mi abbia voluto bene e abbia creduto in me, di come io sia stata per anni il suo modello irraggiungibile.
Allora, stupidamente, vorrei essere io a consolarla e raccontarle qualche «sì», ma quale? Lavoro sì, certo, c'è di peggio che starsene otto ore dietro a una scrivania, e uomini sì, ma niente di più che qualche corpo caldo in mezzo alle gambe che al mattino lascia nel letto un'impronta umida e stropicciata e dentro di me la voglia di stare sola. Così penso che i miei «sì» la deluderebbero ancor più dei miei «no» e non dico nulla.

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